Ciao Maria Pia, "Dimmi a che
serve restare" è il titolo del tuo romanzo. Una domanda. Chi la fa e a chi
è rivolta?
È una cosa che ci
siamo chiesti un po’ tutti almeno una volta nella vita: quando cerchiamo il
senso di quello che facciamo, quando ci affanniamo a trovare una spiegazione
che troppo spesso non c’è.
È il titolo del mio
romanzo perché se lo chiedono, ciascuno a suo modo, tutti i personaggi, che
sono pochi e ruotano attorno ad un assente. È anche un verso dei Negramaro, della splendida canzone “Cade la pioggia”: questo libro si snoda
sulle loro note.
A che serve restare? Esiste una risposta?
Credo che restare serva sempre e comunque a proclamare la bellezza della
Vita, nonostante tutto.
A volte non vediamo il senso, ma
voglio pensare che il sole s’incolli alla pelle dei vivi. Ogni volta.
Chi è il protagonista
di questa storia?
Paolo, un uomo di
quarant'anni che ha amato molto, a modo suo, ed è stato amato. Nella sua vita ci
sono due donne che lo amano in modo diverso, ma con uguale intensità, entrambe
sono ricambiate con slancio puro. Maria e Tiziana ci fanno entrare con la forza
della memoria, nell'amore di Paolo. Ci sono suo padre Livio, suo figlio
Giovanni. Con loro impariamo a conoscere quest’uomo, tutt'altro che perfetto,
un incorreggibile egoista, sicuramente sincero, passionale e bastardo, un uomo
come tanti. Con le sue storie segrete e i suoi desideri, che per uno strano
gioco del destino, corrono paralleli ad una vita che lui stesso ha scelto.
I Negramaro sono
"la colonna sonora" di questa storia, perché hai scelto loro?
Perché mi piace la loro musica, da sempre. Da quando provavano in una
cantina a Copertino e Giuliano aveva ancora i capelli. Sono l’emblema del
Salento che ha sfondato e i mie personaggi crescono e maturano accompagnati
idealmente dalla loro musica. Tutto inizia e finisce con i concerti dei
Negramaro: dal 13 agosto 2005 a Gallipoli al 21 novembre 2015 a Bari. Poi è un romanzo che si snoda in cinque estati in dieci anni: quale colonna
sonora migliore di “Estate”?
Una storia raccontata da più voci: da quella dolce e saggia di un padre, da
quella sognatrice di un figlio, da quella di una donna che ama. Ci parli di
loro?
Sono le voci di chi ha
amato Paolo a farci conoscere quest’uomo. Ognuno ne fa il suo ritratto, così il
mosaico si compone. Per suo padre Livio, Paolo era il figlio ribelle con cui
litigare e poi far pace. Livio è un ragazzo con le rughe, resta un uomo libero
e s’immerge nel suo mare, per non impazzire. Giovanni ha idealizzato suo padre,
porta dentro il ricordo sincero da figlio innamorato: è un bambino che parla
poco, ma sente tutto amplificato e dimostrerà una grande maturità crescendo.
Tiziana è una donna che ha conosciuto l’amore e ringrazia la vita, nonostante
non abbia mai avuto un anello al dito. Lei si fida della pelle, che non mente
mai. Poi resta il ricordo, che tiene in vita l’amore per sempre.
Ho letto nel tuo libro
che la vita da risposte solo quando smetti di chiedere. Credi sia davvero così?
Si, lo penso. Ogni
volta che ci ostiniamo a capire non concludiamo nulla, poi la vita risponde, ma
a tempo suo.
Quanto c'è di te in
questo libro?
Tutto e niente. Sono
sicuramente un po’ Giovanni. Sono Tiziana per la sua forza d’amare. Sono Paolo
per il suo sfrontato egoismo. Sono questi personaggi le vite che ho immaginato,
oltre la mia. Sono i modi possibili che mi sono inventata per esorcizzare il
dolore e la paura del dolore possibile.
Hai già in cantiere un
nuovo lavoro?
Si, ma ci vorrà del
tempo prima di uscire con un nuovo libro. Ora ho bisogno di mare e di silenzio.
Grazie, buon lavoro!
(Intervista di Angelica Labianca)
Grazie, buon lavoro!
(Intervista di Angelica Labianca)
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