"I libri pesano tanto, eppure chi se ne ciba e se li mette in corpo, vive tra le nuvole".
Luigi Pirandello "Il fu Mattia Pascal"

sabato 29 agosto 2015

Intervista ad Elena Cerutti, autrice di "Lo sconosciuto" (Golem edizioni, 2014)


Stella, giovane e brillante studentessa di medicina, incontra Giovanni, un intrigante giornalista free-lance, durante una festa a casa di amici. Il fascino di quest'uomo cattura inesorabilmente la ragazza, ma l'amore da favola sbocciato tra i due ben presto si rivela un inganno, una trappola dalla quale è difficile, se non impossibile, fuggire. Giovanni inizia a manifestarsi per quello che è in realtà: un personaggio ambiguo e oscuro, un ammaliatore sapiente e attento. Stella si lascia invischiare in un legame morboso, del quale diventa dipendente, non riuscendo, nonostante gli eventi, a liberarsi, e interrompendo i legami con gli affetti a lei più cari. Un vortice di avvenimenti, sempre più angoscianti e imperdonabili, risvegliano la donna dall'incubo, inducendola a riflettere su se stessa, sulla vera natura dell'uomo che le sta a fianco, e a prendere l'inevitabile decisione di troncare la relazione. Ma Giovanni non è il tipo di persona dalla quale è facile liberarsi!
Inizia una guerra senza esclusione di colpi, che non risparmia neppure i figli. Il suo amore si trasforma in un odio, diabolico e senza tregua, e in una persecuzione spietata.
Solo la drammatica conclusione della storia renderà Stella consapevole di aver condiviso la sua vita con uno sconosciuto.



Elena Cerutti, laureata in medicina e specializzatasi in medicina interna presso l’Università di Torino, da anni lavora in un grande ospedale torinese. Canavesana, condivide con il suo paese di origine, San Giorgio, la passione per il canto, facendo parte della corale “Le quattro stagioni”. Coltiva la sua passione per la scrittura sin da giovanissima, quando vince, all’età di 12 anni, il Premio Bardesono, sezione ragazzi, con un suo racconto. Ha frequentato un corso di scrittura presso la Scuola Holden di Torino. “Lo sconosciuto”, finalista al premio Mario Soldati del 2012 e selezionato per la trasmissione Masterpiece, è il suo primo romanzo. Collabora, in qualità di direttore, al blog “Biblioteca Anonima Narratori”.


-Elena com'è nata l'idea di scrivere un romanzo?
L’idea è nata di getto, dall’esigenza di tirare fuori delle emozioni che riguardavano esperienze di vita personali.  Avevo una storia da raccontare con delle valenze umane e sociali importanti, che ritenevo andasse condivisa. Dunque, nell’arco  di pochi mesi è “uscito fuori”, in maniera impellente, “Lo sconosciuto”. Mi ci sono poi voluti circa 3 anni, in un lavoro di rifinitura e cesellatura molto laborioso, per trasformare quello che all’inizio era un ordito nebuloso  in un romanzo vero. 

-Un medico e la scrittura. Trova che quest'ultima possa avere un effetto terapeutico?
É ormai certo che la scrittura abbia un effetto terapeutico, tant’è che esistono dei corsi di scrittura narrativa che aiutano i malati, specie quelli cronici, a elaborare e convivere con la propria malattia. Anche nel mio caso la scrittura ha rappresentato una sorta di psicoanalisi, che mi ha aiutata a elaborare e prendere le distanze dalle mie vicissitudini personale, trasformandole in quelle di Stella, una donna nella quale molte possono riconoscersi. D’altra parte lo stesso Freud sosteneva che la prima forma di psicoterapia sia proprio la scrittura.

-A me personalmente "Lo sconosciuto" ha emozionato tanto, soprattutto quando mi sono fermata a riflettere sulla possibilità che ognuna di noi donne potrebbe essere Stella, la protagonista vittima di un amore malato, ammaliata da un uomo in realtà violento e mentitore.
La storia di Stella è una storia universale nella quale ogni vittima di violenza di genere può riconoscersi. La violenza sulle donne è una realtà drammaticamente quotidiana, che non dà cenni di riduzione in termini statistici. E questo nonostante, in Italia, nel 2009 sia stata approvata  la legge sullo stalking. Purtroppo esiste ancora una dicotomia tra ciò che dovrebbe essere per legge e ciò che avviene davvero. Le autorità competenti, i servizi sociali risentono ancora eccessivamente delle lentezze burocratiche che rendono il passaggio dalla denuncia (che è già una presa di coscienza da parte della donna) al processo e ai successivi provvedimenti presi nei confronti dell’aggressore ancora troppo lento e fumoso. Nel frattempo la donna si ritrova da sola e  può succederle di tutto. 

-La descrizione meticolosa e realistica di questa storia è data da un'esperienza di vita vissuta?
La storia di Stella nasce dall’elaborazione di mie vicissitudini personali ed è vera per almeno i due terzi di ciò che descrive. Ci sono però anche elementi di fantasia che tentano di dare un tocco di universalità  e un finale che vuole essere un messaggio di speranza per le donne coinvolte in storie simili. Perché, attingendo alle proprie risorse interiori, dalla violenza si può uscire. 

-Quando ci troviamo di fronte ad amori insani, i consigli di chi abbiamo intorno, amici, parenti, per noi non hanno alcun valore, e ci ostiniamo a voler proseguire la storia, con tutto il dolore che questa ci provoca.
Purtroppo questa è la verità. Le donne con la “sindrome della crocerossina”, come Stella, credono che il loro amore sarà sufficiente a guarire l’uomo del quale si sono innamorate e a trasformarlo nel principe azzurro, a dispetto di tutte le evidenze. A ciò si aggiunga il subdolo  isolamento dalla famiglia e dagli affetti più cari che questi uomini esercitano sulla loro donna, unito a un sottile lavoro psicologico atto a minarne gravemente l’ autostima. É solo dalla crescita interiore della donna che può scattare la molla della salvezza, il meccanismo che induce a dire basta alle angherie subìte. 

Quando scatta la decisione di non voler sopportare più tali vessazioni? Dove si trova la consapevolezza e il coraggio di reagire e dire basta, soprattutto in casi così estremi?
La decisione scatta solo nel momento in cui la donna, possibilmente aiutata da psicologi, amici e conoscenti, recupera il senso del proprio valore. La molla è data da un difficile e lungo processo di crescita interiore. Ma spesso non è definitiva, in un andamento tipicamente sinusoidale di alti e bassi, di tira e molla che possono durare anni e indurre una donna che abbia, per esempio, deciso di denunciare il suo aggressore, a ritirare la denuncia e, addirittura, a tornare insieme a lui. 


-"Odi et amo" recita un carme del poeta latino Catullo. Credi sia possibile provare insieme questi due sentimenti opposti nei confronti di una stessa persona?
La storia di Stella appare patognomonica in tal senso. Stella sin dall’inizio ha dei dubbi su Giovanni, arriva talvolta a odiarlo, ma poi prevale, per lungo tempo, l’amore o, perlomeno, il sentimento che lei confonde con l’amore.  Io dunque ritengo che le due facce della medaglia spesso convivano e siano elementi che alimentano i tanti, troppi amori malati di cui tutti i giorni parlano le cronache.

-Un romanzo da leggere per conoscere e salvaguardarsi da un amore che potrebbe non rivelarsi tale. Crede sia possibile questo?
Io ritengo che questo romanzo andrebbe portato nelle scuole, rivolto alle adolescenti che si trovano ad affrontare le loro prime vicende sentimentali. Perché imparino a riconoscere, sin dalle prime avvisaglie, un uomo violento, non confondano la gelosia con amore profondo e comprendano, infine, che se si riceve uno schiaffo, anche uno solo, occorre scappare a gambe levate: sicuramente, presto o tardi, ne arriverà un altro. L’uomo violento non lo si cambia. E’ importante , inoltre, coltivare la propria autostima e non lasciarsi schiacciare da chi dice che non valiamo. 

-Indossando i panni di medico le capita spesso di trovarsi di fronte a problematiche causate da storie di violenza simili?
Purtroppo, avendo lavorato per circa dieci anni in Pronto Soccorso mi è capitato spesso di imbattermi in donne vittime di violenza.  Solo poche di loro ammettevano esplicitamente l’accaduto. Tante mentivano, nel tentativo di proteggere  il proprio compagno o nel timore di vendette, inventandosi cadute dalle scale o strani e bizzarri traumi per giustificare ematomi, ferite, fratture. Da qualche tempo c’è più attenzione nei pronti soccorsi, in molti dei quali sono stati istituiti dei codici rosa, con allerta dei servizi sociali e psicologici anche in caso di dubbio. A fronte di questa aumentata sensibilità sanitaria, purtroppo  rimane sempre assai precaria la situazione legislativa, caratterizzata da una “macchina” lenta e farraginosa, che impiega anni prima di innescarsi e mettere in sicurezza le vittime.

-Dopo il successo di questo suo esordio letterario, continuerà a dedicarsi alla scrittura con un nuovo romanzo?
Dopo l’uscita del romanzo, mi sono dedicata a esperimenti letterari  di scrittura a più mani dai quali è nata l’antologia “Una splendida giornata di sole” edita Libromania e una prossima antologia, con la stessa casa editrice, ispirata al ratto di Proserpina, che dovrebbe vedere la luce in autunno. Nel frattempo  sto anche lavorando al sequel che racconterà le vicende di Stella e dei suoi figli negli anni successivi alla morte di Giovanni.  Ho già in mente il titolo, la trama e ho già scritto le prime quaranta pagine…  Se son rose…

(Intervista a cura di Angelica Labianca)